Non sono coraggiosa, Rania lo è. Rania è una ragazza come me che desidera una possibilità dalla vita, qui la sua storia.
Ieri sera mentre mi crucciavo se mai mi avrebbero fatta entrare a Cuba visto che non avevo richiesto la Tarjeta Turistica dall’Italia sono incappata nel video documentario di Rania Mustafa Ali e invito ognuno di voi a prendersi venti minuti per guardarlo.
Rania è una ragazza siriana e con il suo amico Raqqa sta cercando di raggiungere l’Europa per darsi una possibilità lontana da un Paese che ha strappato via a lei come a tanti altri qualsiasi ipotesi di un futuro “normale”.
Rania ha 20 anni e vi prego, la prossima volta che mi direte quanto sono coraggiosa pensate prima a lei e a tutte le Rania che non si arrendono e combattono per riprendere in mano il proprio futuro, la propria vita. La guardo e penso a quanto sono fortunata ad esser nata in un lato del mondo che mi ha permesso di studiare, di lavorare e oggi di viaggiare. Viaggiare per piacere, viaggiare per conoscere, viaggiare per tornare un giorno a casa. Perchè io una casa oggi ce l’ho ancora.
Mi fa così arrabbiare quando dicono “che tornino a casa loro!” come se fossero felici di lasciare tutto quanto hanno costruito in una vita, il frutto del sacrificio dei loro genitori, dei loro nonni. Alcuni una casa non ce l’hanno proprio più, altri hanno paura a rimanerci perchè la prossima bomba potrebbe esser per loro. Non so voi ma io ho due valigie grandi per viaggiare un anno intorno al mondo, loro possono permettersi meno di un bagaglio a mano che deve durare per tutta la vita.
Il suo zainetto è un terzo del mio seppur contenga tutta la sua vita, mentre il mio solo una parte: cose più utili, cose più di passione, cose normali di una ragazza di 20 anni che sta per affrontare il viaggio più duro di sempre.
Le truffe per i biglietti degli autobus sono le stesse e per quanto mi posso arrabbiare mi sento una stupida in confronto a lei: il mio in fondo è solo un ritardo e un brutto incidente, il suo è un passo indietro che la allontana dalla libertà.
Vedere così tante persone fuggire, aiutarsi, farsi forza non può non colpirvi forte nella pancia e non c’è bambino o malato che tenga: ogni essere umano ha la stessa dignità e lo stesso diritto a serenità e felicità. È normale che siamo spaventati nel vederli arrivare, leggiamo la disperazione nei loro occhi e un uomo disperato è disposto a tutto, cerchiamo di non arrivare al punto in cui questo tutto diventi pericoloso.
È normale anche che tra questi si insinui qualcuno che di buone intenzioni ne ha poche, le mele marce ci sono ovunque, ma non è giusto discriminare tutti per questo motivo. Come vi sentireste voi se una volta all’estero alla ricerca di lavoro vi rispondessero “no italiani no, mafia!”? Cerchereste di spiegare loro che non tutti gli italiani hanno a che fare con la mafia e vi dispiacerebbe un po’ esser bollati e discriminati solo per il vostro esser italiani, o sbaglio? Secondo me vi incazzereste proprio.
Negli occhi di Rania seguiamo un viaggio fatto di speranza, di allegria, di disperazione, di dolore e di voglia di riscatto di fronte ad un mondo ingiusto che senza colpa alcuna le ha portato via la sua città, la sua nazione e la sua quotidianità.
Il diverso fa paura ed è normale, spero che dopo aver conosciuto Rania queste persone in fuga vi sembreranno un po’ meno differenti e lontane da noi: siamo tutti esseri umani, il colore del sangue è uguale per tutti.
Rania come me, come vostra figlia, come vostra cugina o come una compagna di scuola: Rania come ognuno di noi.
So che è difficile prendere una posizione e non voglio farlo né chiederti di farlo, vorrei solo mostrarvi una faccia diversa di quelle storie che sentiamo ogni giorno al telegiornale. Poi liberi tutti di farsi un’idea.
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