La leggenda afferma che la Nuova Zelanda sia posizionata agli antipodi dell’Italia, forse per la similitudine con la forma (simile ad uno stivale rovesciato) e con l’estensione (di poco inferiore alla nostra): basta una semplice verifica per comprendere che agli antipodi si trovano Spagna e Portogallo.
Oltre alla vastità di aree verdi e alla presenza di svariate specie vegetali e animali endemiche, tra gli aspetti ambientali più significativi che caratterizzano la storia degli ultimi decenni della Nuova Zelanda è d’obbligo citare alcune iniziative mirate ad innalzare il livello di sostenibilità del Paese: la strategia di riduzione dei rifiuti e la spinta all’utilizzo di risorse rinnovabili.
A partire dal 2008, la legge sulla riduzione dei rifiuti si è posta l’obiettivo di ridurre il danno ambientale generato dall’eccessiva produzione di rifiuti cercando, contestualmente, di ottenere dei vantaggi di tipo economici, sociali e culturali per l’intera Nuova Zelanda. In che modo? Applicando tasse a chi smaltisce i rifiuti nelle discariche comunali, così da ottenere finanziamenti per aiutare e incentivare le amministrazioni locali, le comunità e le imprese a ridurre al minimo i rifiuti.
Promuovendo e incentivando le aziende che fabbricano prodotti a basso impatto ambientale e nello stesso tempo controllando il ciclo di vita di quei prodotti potenzialmente dannosi per l’ambiente, soprattutto in termini di rifiuti generati a fine vita. Obbligando alla dichiarazione di alcune tipologie di rifiuti prodotti durante l’anno, vengono poi analizzati sia gli effetti della legge sia le possibili azioni da attivare per un’ulteriore riduzione di rifiuti.
Da sottolineare una consultazione collettiva terminata il 28 febbraio 2017, in cui è stato proposto il divieto di utilizzo di microsfere nei prodotti per la cura personale: oltre a non essere biodegradabili, a causa della loro piccola dimensione, sono facilmente ingerite da animali marini. Ciò può portare a problemi sanitari per la vita marina e, risalendo la catena alimentare anche per gli esseri umani.
Passando al tema delle energie rinnovabili, gli obiettivi della Nuova Zelanda sono di arrivare ad un 90% di quota “rinnovabile” entro il 2025 (nel 2015 è stata di circa l’80%). Il raggiungimento di questi obiettivi probabilmente si baserà su un’espansione nella generazione elettrica di tipo geotermica, su ulteriori investimenti in campo eolico e su una continua crescita del mercato fotovoltaico solare residenziale.
Oltre a ciò altri obiettivi ambiziosi sono volti a ridurre le emissioni di gas a effetto serra al 30% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030, introducendo forti politiche per aumentare il numero di veicoli elettrici sulla strada.
Da citare infine sono le numerose iniziative di privati che, con ingegno e devozione verso l’ambiente, partecipano alla rivoluzione energetica in Nuova Zelanda. Una su tutte l’utilizzo di bio-carburante generato dagli scarti di produzione della birra. Grazie al riciclo degli scarti dei birrifici, il carburante prodotto emette l’8% meno di carbonio rispetto alla normale benzina mantenendo però inalterate le prestazioni.
Riuscirà la Nuova Zelanda a raggiungere i propri obiettivi ambientali entro i prossimi decenni? Scrivi cosa ne pensi nei commenti!
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