La mia prima volta negli Stati Uniti è stata nel 2011, a New York, dove mi trovavo per far un tirocinio con gli ImprovEverywhere (che se non sapete chi sono vi invito caldamente a cercare su YouTube i video delle loro performance, li amo!) dopo aver sbacciucchiato sulla guacia in pieno centro a Milano 500 sconosciuti (ma questa è un’altra storia). Mi sono fermata tre mesi ma tanto è bastato per finire in un urgano e venir evacuata dalla mia stanza a Manhattan perchè sul fiume.
Ricordo ancora il cielo bianco, Times Square deserta con sacchi di sabbia sopra i tombini e davanti le porte dei negozi, l’autobus pieno di gente che lasciava l’isola in silenzio con una sola valigia dove aveva raccolto tutte le cose più importanti della sua vita. Sembrava di star in uno di quei film sulla fine del mondo, un po’ come sempre del resto quando si sta a New York.
Avevo messo in sicurezza la mia stanza con il materasso contro la finestra e i miei bellissimi vestiti avvolti in sacchi di plastica messi nel ripiano più alto dell’armadio e questo chiuso con una corda tra i due pomelli.
Alla fine durante la notte, mentre lo aspettavamo mi sono addormentata rovinosamente per poi risvegliarmi che tutto quello che rimaneva era un po’ d’acqua per la strada. Insomma, tanto casino per niente e volevo solo tornare a casa per vedere come stessero i miei vestiti.
Questa volta, però, non avevo alcuna intenzione di rimanere bloccata negli Stati Uniti e già diversi giorni prima della vera e propria allerta ho provato ad organizzarmi per partire ma nulla e se non posso andare, Cara Irma, non mi resta che aspettarti.
Il volo mi viene cancellato proprio mentre sto uscendo da Disney World e mi ritrovo così a sfogare tutti i miei pensieri e problemi sulla povera autista di Uber che era venuta a prendermi. Scopriamo così di esser entrambe travel blogger, tutte e due nella stessa comunity Facebook di ragazze in viaggio e ci scambiamo i contatti “puoi stare da me se ti trovi nei guai, chiamami”.
Il giorno dopo tutto va male e così decido di armarmi di pazienza, andare a fare shopping di quanto mi può servire per campeggiare in un rifugio o in aeroporto e proprio là decido di scriverle. Internet va a singhiozzi e sono dipendente dai wifi a cui riesco ad agganciarmi così entro da Mc Donalds per e vedere cosa mi avesse risposto. Beh, lei era esattamente dall’altro lato della strada dove aveva appena lasciato dei clienti. Eravamo ad Orlando, non a Cavalese e una casualità così non è ¨ una casualità” .
Guardo dalla finestra e vedo Andrea fuori che si sbraccia, raccolgo le mie cose e vado ad abbracciarla forte, non ci conosciamo ma siamo già amiche. Non so spiegarvi cosa succede quando incontri qualcuno come te, ma fai automaticamente click ed è come se ti conoscessi da una vita.
Arrivata a casa sua lei esce e io dormo, la sera le guarda la tv e io dormo, il pomeriggio successivo lei lavora al pc e io dormo. Temo di aver avuto solo un assaggio di quella che sarà la mia vita una volta che tornerò a casa e salvo che sbuchi il principe azzurro mi sa tanto che cadrò addormentata come un sacco.
La sera prima dell’arrivo di Irma, mentre sfogava tutta la sua rabbia su Miami, la famiglia di Andrea ha organizzato una cena a casa della sorella e così mi ritrovo immersa in una sorta di America del Sud concentrata in una stanza: mancavano un uruguaiano e un equadoregno e facevamo l’emplain. Mangiamo, chiacchieriamo e ci dimentichiamo quasi che poche ore dopo scatterà il coprifuoco e là si che si smetterà di giocare.
Irma intanto ha cambiato traiettoria ed invece di dirigersi verso la costa est punta dritta su di noi, le simulazioni dicono che l’occhio ci passerà sopra ed è in quel momento che inizio a preoccuparmi. Cerco informazioni online e come temevo il punto dove i venti danno il meglio di sé è proprio lungo le pareti dell’occhio. Bene.
Passa la notte, usciamo per la colazione, l’ultimo momento di libertà e poi eccoci là schierate con i nostri computer davanti alla tv che ci aggiorna minuto per minuto degli spostamenti e sviluppi di Irma. Passa il tempo e per fortuna perde potenza ora dopo ora facendosi sempre meno pericolosa. La mia amica dal canto suo sembra tranquilla e proprio questo suo spirito sereno rassicura anche me.
Alle 20:30 il primo messaggio, sua madre ci avvisa che a casa sua è saltata l’elettricità e nonostante la nostra abbia ballato un paio di volte, tiene ancora duro.
Ad un certo punto un allarme sul telefono, un allarme alla tv: pericolo tornado. Avevo appena raccolto gli ingredienti per fare una torta che lei mi fa: “ora non dovremmo cucinare, ma spostare le nostre cose in bagno”. Ok, ci siamo, sta arrivando. In 5 minuti il tavolo è sgombero, le cose più importanti al sicuro in bagno, la vasca da bagno piena d’acqua e ci rimettiamo entrambe in piedi davanti alla tv per capire se il tornato si sarebbe formato o meno. Mezz’ora dopo allarme rientrato e mi posso rimettere a cucinare.
Sono le 23:30 quando è sua sorella a scriverci che è rimasta al buio anche lei mentre noi per fortuna teniamo duro e così possiamo continuare ad aggiornare Facebook rassicurando i miei poveri mamma e papà che attendono col cuore in gola il passaggio dell’uragano.
E’ l’1:30 quando finalmente arriva da noi Irma con momenti di quasi calma e momenti di raffiche forti. Dalla finestra vediamo nella notte le ombre delle palme che vengono sbattute dal vento, l’acqua lava completamente le finestre del terrazzo nonostante la zanzariera che fa da protezione. Tempo una mezz’ora e tutto si calma, siamo nell’occhio, Andrea e io ci guardiamo capendo che il peggio era passato e potevamo anche andar a letto a quel punto con tanto di pancia piena di torna alla ricotta.
Indovinate un po’? Mi addormento profondamente, tanto che il vento della seconda parete dell’uragano che ci attraversa mi fa solo aprire mollemente un occhio per qualche secondo prima di non sentir più nulla e svegliarmi che è già mattino.
Usciamo in giardino a far un giro per verificare i danni senza allontanarci da casa visto il pericolo ancora vivo di forti scariche di vento improvvise e al di là di un albero spezzato e tante foglie c’è poco altro. Per fortuna.
La nostra zona è come se fosse stata graziata, internet ed elettricità continuano a funzionare senza problemi, nessun allagamento, nessun crollo.
La mattina dopo rientro a Miami e proprio lungo la strada e una volta arrivata in città vedo i veri danni fatti da Irma: vetri dei palazzi esplosi, interi filari di alberi abbattuti, barche affondate, tetti crollati, pali sradicati. Qui deve aver picchiato davvero forte.
Per l’ennesima volta mi è andata bene, per l’ennesima volta qualcuno o qualcosa mi ha protetta ora ci vorrebbe solo che mi lasciasse finalmente prendere un volo per andarmene perchè bella Miami, ma anche basta.
Non so se hai mai vissuto un uragano, personalmente non saprei cosa rispondere. Nel senso, mi sono trovata in ben due ma non erano molto più forti di quando a Como tira il vento quindi…
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