Oggi lascio lo Sri Lanka e queste quattro ore di treno non possono che farmi pensare, tirare le somme a queste quasi tre settimane passate da nord a sud tra amici nuovi e vecchi, abbracci sinceri e baci felici e tristi. La casa sull’albero di Habarane, la barriera corallina di Pigeon Island e il sito archeologico di Sigiriya. E ancora World’s End nel Parco Nazionale di Horton Plains, il mare di Matara e le spiagge di Midigama sono luoghi che mi rimarranno sempre nel cuore.
Non so spiegare bene perché oggi sia più difficile partire rispetto a qualche settimana fa in India, forse è il mare, forse sono gli amici nuovi, forse è lui.
Queste settimane sono passate veloci e non sempre le giornate sono state semplici e spensierate. Anzi, ci sono stati tre giorni in cui ero cosí stanca di questo popolo, dei suoi pregiudizi sul mio esser una donna bianca, della sua mancanza di affidabilità, della continua richiesta di soldi e la sensazione di ricevere gentilezza solo per poter aver poi qualcosa in cambio. Odio non poter esser libera di andar a far una passeggiata in spiaggia perché verrò seguita da uno stupido ragazzino e dovrò litigarci, odio esser aggressiva ma non ho altra scelta se qualcuno in preda all’alcool cerca di sfiorarmi una gamba, odio sentirmi solo una macchina da soldi.
Poi però ci hanno pensato questi ultimi giorni al mare a pulire tutto quanto: mai avrei pensato di esser cosí felice di incontrare degli italiani, degli europei. Di solito, quando viaggio, cambio strada se sento parlare nella mia lingua, ma non questa volta: ero cosí stanca e avevo cosí bisogno di abbassare le barriere e sentirmi al sicuro che è stata proprio una boccata di aria fresca.
Ho incontrato viaggiatori con grandi sogni con negli occhi quella luce che solo chi desidera davvero ardentemente qualcosa possiede, adoro ascoltare le loro storie.
Una di loro racconta di un ragazzo di 23 anni che ha lasciato il suo Paese per vivere come un senzatetto per un paio di mesi tra lo Sri Lanka e l’India per poter al suo ritorno lavorare sull’apertura di un’associazione in grado di prendersi cura di queste persone. “Come posso aiutare un clochard se io per primo non lo sono stato?”, già, ci vuole coraggio però!
Un’altra di una ragazza tedesca alla ricerca di sé stessa che è tornata a riprendersi il suo corpo attraverso la danza acrobatica e sta cercando il coraggio di dare alla sua vita quello scossone, quel cambio di direzione che le farà ritrovare l’equilibrio.
Questi ultimi tre giorni, poi, li ho passati specchiandomi nelle profondità castane di occhi francesi: occhi vivaci e pieni di luce che viaggiavano in coppia con un sorriso grande e contagioso. È stato bello corrergli incontro cantando, trovar braccia pronte ad abbracciarmi e lasciarmi andare alla sensazione di pace data da una sola carezza. È strano pensare che non lo rivedró mai più ma è parte del viaggio.
Oggi si chiude un capitolo per riaprirsene uno nuovo già domani, sono le regole del gioco. Lascerò peró su queste sabbie bianche un pezzo di cuore, ad abbrustolirsi al sole prima di lanciarsi nell’acqua azzurra a rincorrere una tartaruga.
È tempo di andare, grazie Sri Lanka, grazie di tutto.
Ogni viaggio ha in sé una partenza e un arrivo, oltre che un tragitto. Questo è il mio primo mese, la mia prima volta in Asia, la prima volta che ho preso in mano una stella marina e mangiato una noce di cocco raccolta direttamente dall’albero. Qual è stata la tua prima volta in viaggio che ricordi ancora con un sorriso?
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